|  | 
 13 dicembre 2004Le prime piogge
 Il Malawi è tutto 
          verde. L’avevo lasciato giallo e insecchito e ora tutti gli alberi 
          sono verdi, l’erba è rigogliosa in ogni suo angolo e pianure, colline 
          e cortili sono disegnati dalla linea verde delle piccole piantine di 
          mais. Proprio tutti hanno seminato, le piogge sono in anticipo quest’anno 
          e se dovessero durare si preannuncia finalmente un anno di abbondanza. 
          Il rosso della terra striato dal verde dell’erba è uno spettacolo che 
          sovrasta perfino quello della pioggia che con i suoi colori e i suoi 
          odori riempie queste giornate. Per il resto le cose sono quasi le 
          medesime. Il paese è certo lo stesso ma attende di capire se il nuovo 
          presidente possa diventare la speranza di un vero cambiamento. La sua 
          lotta contro la corruzione e la sua indipendenza dal predecessore sono 
          segnali inaspettati quanto desiderati. Soffocata e nascosta c’è la 
          speranza che qualcosa possa cambiare ma ancora è presto. Faccio un po’ 
          di fatica a riabituarmi a questo paese, ai suoi limiti, alle sue 
          lentezze, alle sue pochezze ma se mi guardo indietro la bella Italia 
          che ho lasciato mi attrae solo per un po’. Non so ancora bene a cosa e 
          a chi appartenga la mia vita ma questa è un’altra storia, ciò che ora 
          importa è che io ci viva bene in Malawi, insieme ai miei parrocchiani, 
          ai malawiani e a coloro che dall’Italia verranno a condividere questa 
          vita. Io ci sto provando ed è una questione di pensieri, di quelle 
          idee che sostano nella mente e che a lungo andare possono anche 
          soffocare la mente. Tutto nasce ancora da lì, da dentro e dalla 
          capacità di confrontarmi con il male. Perdere la speranza, perdere 
          l’entusiasmo, perdere il senso, perdere la voglia, io lo so che questa 
          è una delle sfide più grandi che l’Africa pone alla mia vita e quest’anno 
          ho deciso di custodire con più gelosia la pace e l’equilibrio dei miei 
          pensieri. Pregare meglio e di più, confidare di più, non scivolare e 
          non permettere alla bruttezza e alla malvagità che abita il mondo di 
          vanificare la mia ricerca e la mia attesa.  Io ho cominciato con 
          un lungo viaggio: 10 km nel mattino di una domenica prima annuvolata e 
          poi assolata appresso ad una statua legata sul cassone del mio 
          pick-up. Insieme ai miei parrocchiani così abbiamo festeggiato 
          l’Immacolata e dopo 2 ore e mezzo di processione tra i campi in festa 
          per la pioggia e il mais, 160 Ave Maria e 30 canti mariani siamo 
          arrivati nel villaggio di Nsenjere. Alla fine eravamo più di 150, 
          giovani, uomini, donne ma anche bambini e alcuni anziani. La pioggia 
          ci ha graziato e così pure il sole fino alle 10 quando ha deciso di 
          uscire da dietro la coltre di nubi e le cose si sono fatte più dure, 
          perlomeno molto più calde. Gli ultimi chilometri sono stati  più 
          difficili, le parole quasi scomparivano sulla bocca, come seccate dal 
          caldo, anche la messa non è stata semplice ma dopo 5 ore, molta acqua 
          e un buon pranzo avevamo terminato. Alcuni in verità hanno terminato 
          solo nel pomeriggio dopo essere ritornati a casa a piedi e a stomaco 
          vuoto per via del segretario della parrocchia che ha deciso di 
          disertare il pellegrinaggio e con lui anche le bibite e il cibo che 
          avrebbe dovuto comprare. Alla fine però ce l’abbiamo fatta e la stata 
          in legno di Mua è stata posta nella sua casetta sulla roccia che il 
          chairman di Nsenjere aveva costruito per l’occasione. Se Dio vorrà e 
          se anche noi presteremo fede al nostro giuramento, ogni anno 
          ritorneremo nel nostro santuario, magari con una migliore 
          organizzazione e magari con una fede ancora più forte. Oggi tutti 
          siamo contenti e in fondo soddisfatti per aver fatto una cosa dura 
          quanto bella. Nell’andare se ne va e piange, così recita il salmo, io 
          invece sudavo e pensavo che di una cosa sola avremmo bisogno la 
          Madonna ci donasse: la Giustizia. Non so nemmeno se il titolo esista 
          ma la nostra Madonna di Nsenjere l’ho chiamata “Maria Madre della 
          Giustizia”. Italia, Napoli, Palermo, Milano, Blantyre, Malawi…le 
          differenze sono anche abissali ma la sete di giustizia è la medesima. 
          Sotto il sole delle 11 i miei  pensieri rosolati non erano così vivaci 
          ma ho fatto mia questa semplice  preghiera: che Maria ci aiuti a 
          nutrire questa sete e un giorno magari a saziarla. In fondo il Natale 
          è la festa delle cose piccole e di quelle grandissime, anzi è la festa 
          dove tutto  quello che non potevi nemmeno pensare si fa reale, così 
          reale da essere perfino ignorato. Sì, vorrei che più persone 
          imparassero ad essere ascoltatori obbedienti della verità e della 
          giustizia che si rivela ad ogni cuore. La giustizia non si insegna. La 
          giustizia si obbedisce. Tutto il resto serve solo a scoprire quanto 
          sia necessaria questa obbedienza. Il Natale è quando nella vita di un 
          uomo nasce il Bambino, quando cioè la misericordia e la verità si 
          incontrano e quando la giustizia e pace si baciano. Buon Natale. Ciao  Don Federico   
 |  |